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Traboccare: per una effusione di Spirito Santo a partire dall’esperienza degli apostoli.

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In occasione della Pentecoste, Marialaura Mino condivide una riflessione biblica sugli Atti degli apostoli. Per una effusione di Spirito Santo a partire dalla esperienza degli apostoli. Ascolta o scarica l’audio in podcast oppure guarda il video illustrato su YouTube.

Il compimento del piano di Dio nella storia

Nel vangelo di Luca e negli Atti degli apostoli, le ultime parole di Gesù ai suoi, prima dell’ascensione, contengono una promessa, definita dal Risorto come “la promessa del Padre” (cfr. At 1,4; Lc 24,49). Ascoltiamo le parole di Gesù: “Sarete rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49); “Riceverete forza, dynamis, dallo Spirito santo” (At 1,8); “Sarete battezzati in Spirito santo tra non molti giorni” (At 1,5). Dunque, l’oggetto dell’attesa dei discepoli in Gerusalemme non è altro che un battesimo nello Spirito. L’evento, ripetutamente annunciato, accade nel giorno della Pentecoste dei Giudei.

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.

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Il Figliol Prodigo, Marc Chagall

Luca inizia col dire, letteralmente, che il giorno di Pentecoste “si compiva”: questa affermazione non solo sta ad indicare il termine delle sette settimane che separavano le due feste giudaiche di Pasqua e Pentecoste, ma intende soprattutto sottolineare il realizzarsi del piano di Dio nella storia. Così nel vangelo leggiamo: “Per Elisabetta si compì il tempo del parto” (Lc 1,57), ovvero la gravidanza è giunta a termine e, al tempo stesso, giunge il momento del compiersi della promessa dell’angelo a Zaccaria. Così Gesù, nella sinagoga di Nazaret afferma: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4,21) ed il Risorto dice ai suoi: “Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me” (Lc 24,44).

Nel vangelo, è l’evento di Gesù Cristo il luogo in cui le promesse si compiono. Qui, all’inizio degli Atti, si vuole dimostrare invece che le profezie contenute nell’Antico Testamento si realizzano nella Chiesa nascente a Pente­coste. Da Gesù alla Chiesa: un passaggio decisivo, un salto enorme.

Tutti insieme in una casa

“Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1).

L’unità dei discepoli di Gesù è apparsa già chiaramente nel primo capitolo degli Atti, dove si dice che essi erano “assidui e concordi nella preghiera” (At 1,14). Per questo, anche qui, il gruppo degli apostoli, probabilmente insieme a Maria, alle donne e a pochi altri, si trova “unito di cuore”, come il popolo di Israele ai piedi del monte Sinai. Attenzione, il linguaggio di Luca è un linguaggio inclusivo: “tutti/ insieme/stesso luogo”. E questo luogo è una casa: in una casa si può stare insieme, non come nel tempio di Gerusalemme, luogo esclusivo per eccellenza, dove gli stranieri e le donne venivano relegati in un posto separato ed esclusi dalla piena comunione. Il Cristianesimo delle origini sarà per diversi decenni la “religione della casa”.

Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro” (At 2,2-3).

Ora siamo proiettati subito nel vivo di un’azione: il venire di un rombo come l’abbattersi di un vento, il riempire tutta la casa, l’apparire di lingue come di fuoco nell’atto di dividersi, lo stabilirsi di queste sopra ciascuno dei discepoli. Luca racconta un avvenimento, non definisce uno stato d’animo, e lo fa attraverso due immagini: il rombo, che è paragonato al venire del vento, ed è un suono, e le lingue “come di fuoco” che vengono viste. L’insieme intende alludere chiaramente alla teofania dell’Esodo e all’Alleanza mosaica.

 “ed essi furono tutti pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2,4).

L’effusione dello Spirito Santo, dono del Cristo

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La targa di Pentecoste con la discesa dello Spirito Santo – Paesi Bassi 1150-75 – New York Cloisters 41 014 The Treasury –

A questo punto, Luca passa improvvisamente dal linguaggio allusivo e simbolico della teofania, alla definizione precisa e teologica dell’evento in questione: l’essere riempiti dei discepoli di Spirito santo. Gesù risorto, durante i quaranta giorni precedenti la sua ascensione al cielo, aveva parlato dell’invio dello Spirito come di un essere “rivestiti dall’alto” e come di un battesimo non con l’acqua ma nello Spirito. Ma è Pietro che, nel discorso di Pentecoste, parla di una “effusione” dello Spirito da parte del Messia, come un riversarsi da un vaso colmo, il Cristo seduto nella glo­ria alla destra del Padre, in altri vasi pronti per essere colmati. Ciò che è stato riempito ed è colmo non può fare altro che traboccare; “e cominciarono a parlare…” che è diretta conseguenza dell’essere stati riempiti di Spirito santo. Nel Vangelo di Luca, Giovanni Battista, Elisabetta, Zaccaria, e negli Atti, Pietro, Paolo e tutti dopo essere stati riempiti dallo Spirito cominciano a parlare sotto il suo influsso. L’essere riempiti di Spirito santo significa vibrare, palpitare, ardere al fuoco di una presenza divina e al tempo stesso, vedere chiaramente e comprendere lucidamente il disegno di Dio che si realizza.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”
” (Lc 1,41-43).

Elisabetta e gli altri profeti-annunciatori del vangelo rendono testimonianza al Signore Gesù, grazie al dono di una potente esperienza dello Spirito; così anche i dodici, all’inizio della vicenda della Chiesa, devono essere riempiti di quella stessa forza per poter proclamare le grandi opere di Dio fino agli estremi confini della terra. La loro esperienza, pur in continuità con quella degli antichi profeti e degli annunciatori del vangelo, contiene tuttavia una novità fondamentale: lo Spirito, di cui sono ricolmati, non proviene semplicemente “dall’alto”, ma da un punto preciso del cielo: è il Messia, risorto e seduto nella gloria, ad effonderlo, secondo quanto annunciato da Pietro nel discorso profetico del giorno di Pentecoste: “Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire” (At 2,33).

Il linguaggio universale dello Spirito

Che cosa provoca invece il miracolo delle lingue nella folla radunata in città? Ascoltiamo ancora il racconto di Luca:

 “Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?”” (At 2,6-8).

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Immagine della Vergine (Museo di Novgorod, Russia)

Lo Spirito fa in modo che ciascuno oda l’annuncio dell’opera di Dio nella propria lingua; ciò rende tutti molto stupiti e meravigliati. Il miracolo, però, non è ancora completo. È il discorso di Pietro ad operare il capovolgimento finale, trasformando la meraviglia e lo sbigottimento in fede e conversione. L’annuncio profetico portato dagli apostoli e da Pietro nel giorno di Pentecoste, e da quel giorno in avanti, non è altro che la testimonianza di ciò che loro stessi hanno udito e visto, il racconto vivo e vissuto della vicenda di Gesù di Nazaret “che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (Lc 24,19) che fu crocifisso e sepolto ma che Dio ha risuscitato dai morti e che ora vive, anzi è il Vivente. Alle parole di Pietro,

si sentirono trafiggere il cuore e dissero: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”” (At 2,37).

La parola, lanciata nelle diverse lingue parlate da ognuno, ha colpito il bersaglio, suscitando il pentimento e la conversione dei cuori. Questo però accade perché questi uomini si sono sentiti interpellati singolarmente e personalmente fin dall’inizio. Quelli che si trovavano a Gerusalemme come devoti e proseliti, lontani dal loro paese d’origine e dalla propria cultura, che hanno rinnegato per abbracciare interamente quella giudaica per motivi religiosi, vengono toccati individualmente dallo Spirito per mezzo della loro lingua-madre e ciascuno ascolta il messaggio di Dio nella lingua che gli è propria, la lingua che lo contraddistingue. Quest’appello è per tutti; dice ancora Pietro:

«per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro» (At 2,39).

Nessuno è troppo lontano per ricevere la promessa, secondo la chiamata del Signore. L’universalismo della Pentecoste va al di là di un semplice richiamo all’evangelizzazione dei popoli e non consiste neppure nell’immagine speculare di Babele, con la riunione delle diverse lingue umane in un unico presunto linguaggio dello Spirito. Al contrario, ciò che più profondamente si manifesta nel giorno di Pentecoste è che lo Spirito non solo rispetta la diversità linguistica e culturale di ognuno, la sua particolarità, ma la sottolinea e la valorizza, indicando con ciò la missione propria della Chiesa: proclamare la più grande opera di Dio mai realizzata, la salvezza in Cristo per ogni uomo, anche quello più lontano, che si trova in una regione remota o con il quale non siamo capaci di comunicare. Il miracolo dello Spirito consiste proprio in questo: nel donare alla comunità dei discepoli di Gesù ogni linguaggio umano per riuscire a comunicare con ciascun uomo. Nella Pentecoste si compie l’alleanza, per mezzo dello Spirito santo: Spirito riversato nei nostri cuori senza misura, infinita creatività di Dio che non può essere trattenuta, sorgente che trabocca dal principio della creazione, fiume che disseta le rive della storia e si comunica in una parola che è profezia, per radunare tutti i dispersi.

(in copertina immagine del mosaico sulla Parete della Divinazione, presso la CAPPELLA REDEMPTORIS MATER NELLA II LOGGIA DEL PALAZZO APOSTOLICO IN VATICANO. Particolare “Ascensione” e “Pentecoste”. Autore P. Marko I. Rupnik – fonte Centro Aletti)