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La Pasqua nel suo significato più umano

Pasqua, una visione psico-spirituale. Carla Faggioli, in questo articolo, condivide le sue riflessioni in occasione della festa più importante dei cristiani e della pubblicazione del brano “Ecco il giorno di Dio” (guarda il video)

Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. (Lc. 24, 5-6)

Questa è una riflessione sulla Pasqua nel suo significato più umano, cioè legato all’humus, alla terra, che nasce dal desiderio di ricordare a noi cristiani che evangelizzare non è fare proselitismo, convincere o far cambiare religione alle persone, ma mostrare un Padre che fa il bene dell’uomo, senza distinzioni di meriti o appartenenze, come dice san Pietro negli Atti degli Apostoli al capitolo 10.

Trovare ciò che ci accomuna, proprio quando le differenze sono palesi, mette ancora più in evidenza che veniamo dalla stessa “origine” e ci fa capire che la parte più importante di noi, possiamo dire sacra, è da ricercare lì. Infatti, ciò che più di tutto ci accomuna è la natura umana in tutta la sua complessità; il progetto del Padre, quindi, non corrisponde per forza a quello di raggrupparci sotto un’unica denominazione, ma di lasciare che ognuno, a qualunque razza o popolo appartenga, riceva il suo amore incondizionato. L’unico elemento che ci può tornare utile, se ci teniamo a verificare quanto siamo veramente cristiani, è proprio la nostra capacità ecumenica, quella di saper stare con tutti, di farci tutto a tutti, come dice san Paolo nella prima lettera ai Corinzi al capitolo 9.

Pasqua - cantieri cristiani

Per questo ho creduto importante scrivere qualcosa sulla Pasqua, sottolineando che essa possiede in sé anche un valore profondamente umano.
La Pasqua ha per noi cristiani un significato specifico, legato alla persona di Gesù, al suo annuncio e alla fede nelle sue promesse, principalmente quella legata alla sua resurrezione. Per i credenti di altre religioni e per gli atei la festa della Pasqua viene vissuta in modo diverso e con significati differenti. Tuttavia, per quanto questi siano distanti tra loro da tanti punti di vista, c’è sicuramente qualche aspetto che accomuna tutti gli uomini : il senso della sorpresa, lo stupore per qualcosa di nuovo e profondamente bello che porta il bene.

La radice di ciò alberga nell’animo umano da sempre, a prescindere dalla sua cultura, status o religione, e si manifesta come ricerca di un progressivo benessere e armonia con se stessi, con gli altri e con la natura. Tra i bisogni dell’uomo ci sono sia quelli legati alla sopravvivenza fisica che quelli legati alla sopravvivenza psicologica. A questi ultimi non appartengono solo quelli che definiscono la salute mentale di un individuo, ma anche quelli che procedono come una spirale, spingendo alla ricerca di senso e significato all’esistenza, mentre inglobano e potenziano i bisogni “precedenti”. Dalla consapevolezza di essere una persona di valore scaturisce il piacere di collaborare per il benessere della società. Più la persona progredisce nell’accogliere il senso di sé come dono, più si appropria e dà compimento al significato della sua esistenza.

La Pasqua, allora, rappresenta a livello universale la gioia di celebrare la possibilità di rinascere a nuova e rinnovata dignità, al di là di ogni condizione, limite o errore. Quindi, in chiave prettamente umana, psicologica, possiamo dire che è Pasqua ogni volta che scopriamo qualcosa di nuovo di noi, che ci cambia positivamente nelle relazioni; è Pasqua quando comprendiamo per la prima volta qualcosa che già sapevamo o ci hanno detto tante volte.

Pasqua - psiche e fede - cantieri cristianiQuando si passa (e Pasqua in ebraico,“pesach”, significa proprio passaggio) dal sapere con la “testa” al sapere con la “pancia” ci si sente cambiati, arricchiti di una nuova verità, con un senso di potenza e sicurezza. La scuola tradizionale è un esempio di come si imparano le cose con la “testa”, cioè in modo razionale, mnemonico, progressivo e deduttivo… sfruttando quindi l’emisfero sinistro del cervello. Però, non tutto quello che si capisce si arriva a comprenderlo. Per imparare in modo completo c’è bisogno di fare esperienza, di toccare con mano, cioè di impattare emotivamente, attraverso i sensi e-o le viscere. Si tratta di quella che viene chiamata l’intelligenza emotiva e che funziona bene quando si solletica la curiosità. Quando si apprende con la “pancia” entra in gioco l’emisfero destro del cervello, quello che riceve ed elabora le informazioni attraverso le emozioni, le sensazioni e funziona in modo intuitivo, creativo, artistico e affettivo.

Quindi, l’esperienza della Pasqua è un apprendimento completo di una verità che coinvolge contemporaneamente l’intelletto, le emozioni e le sensazioni corporee. Non sempre avviene in modo piacevole e facile; spesso è frutto di situazioni dolorose e verità critiche, ma porta sempre ad una profonda percezione di crescita e maturità, insieme ad una serena accoglienza di ciò che prima non si riusciva ad accettare di sé e degli altri, e ad una crescente fiducia nel futuro. Quando Giobbe, al capitolo 42 versetto 5, dice che prima conosceva Dio “per sentito dire”, ma ora lo conosce perché i suoi occhi lo hanno visto, richiama proprio questo passaggio esperienziale.

Pasqua - psiche e fede #2 - cantieri cristianiLo stesso vale per l’esempio evangelico delle donne che andarono al sepolcro e i discepoli diretti ad Emmaus: entrambi riuscirono a riconoscere Gesù risorto solo dopo aver compreso le parole dell’angelo e l’interpretazione delle Scritture. Quante volte Gesù aveva parlato ai suoi del Regno del Padre, ma i loro pregiudizi, le idee e le aspettative personali, magari nazionaliste, sul Messia avevano impedito loro di vederlo; quante volte anche noi restiamo ancorati nelle nostre convinzioni, abitudini e comodità, per cui ascoltiamo la Parola solo con la testa senza fare l’esperienza Pasqua.

Per vedere risorgere la nostra vita e le relazioni con le persone significative dobbiamo avere il coraggio di metterci in discussione, di riconoscere che fatichiamo a cambiare l’immagine che abbiamo dell’altro e di noi stessi. Ammettere di aver paura di scoprire di essere diversi da quanto si è sempre pensato, di sentirsi angosciati all’idea che frani il terreno delle proprie rassicuranti certezze; è un ottimo inizio per aprirsi a quello stupore di cui ho parlato in precedenza.

Alla paura si può reagire in tanti modi ma non tutti portano a percepire la vulnerabilità e il bisogno di aiuto come qualcosa di dignitoso e potente. Quando non si scappa più dalla paura e si desidera imparare ad affrontarla, allora si avanza e si fanno scoperte inaspettate. La principale e più importante è che si è in compagnia di una nuova parte di sé… ed è nel percepire questa nuova presenza che si capisce con la “pancia” che non si sarà mai soli.

Quando scegliamo di accogliere la chiamata a figli, Gesù, con delicatezza e rispetto verso i nostri limiti e sensibilità, non smette mai di operare nella nostra umanità, continuando così l’opera della creazione in noi.